Bembo,Pietro.
Motti.
A cura di Vittorio Cian. Premessa di Alessanro Gnocchi. Nota al testo e indici a cura di Giulia Raboni. Milano, Ediz.Sylvestre Bonnard
2007,
cm.14x21,
pp.146,
brossura con bandelle,cop.fig.
Coll.Il banco dei Rari.
Un'edizione che fece epoca poiché rivelava per la prima volta un tratto ignoto di colui che la critica italiana aveva assunto a campione del petrarchismo: con questi strambotti, infatti, il colto cardinale protagonista del Rinascimento italiano, adottava proprio quelle forme poetiche aborrite, secondo la tradizione critica, dai petrarchisti. Vittorio Cian nel 1888 aveva già alle spalle un discreto numero di pubblicazioni su Pietro Bembo. La sua tesi di laurea, discussa con Arturo Graf, era diventata nel 1885 un volume pubblicato a Torino da Loescher, editore del GSLI (Un decennio della vita di Pietro Bembo,1521-1531). Nel 1887, il GSLI ospitava un ampio saggio sui rapporti tra Pietro Bembo e Isabella d'Este Gonzaga. In quest'ultimo lavoro,chiosando una lettera di Bembo a Isabella d'Este in cui il giovane poeta accennava a «dieci sonetti e due stramotti alquanto usciti da la loro regola», Cian notava che «perfino il Bembo, il massimo e più ortodosso rappresentante,nella lirica del sec. XVI, della tradizione aristocratica e petrarchesca, cedette talora all'indirizzo della poesia popolareggiante, rappresentata specialmente dagli strambottisti e ancora sopravvivente nelle corti italiane all'aprirsi del 500». Con questo semplice accenno, Cian faceva di colpo invecchiare irrimediabilmente l'articolo con cui Arturo Graf pochi anni prima aveva tentato di impostare il problema del rapporto tra Petrarchismo e antipetrarchismo nel Cinquecento. La divisione un po' manichea tra petrarchisti e antipetrarchisti del Graf subisce subito una dura smentita: proprio il maestro dei primi si è esercitato in generi metrici tipici del campo avverso.
EAN:
9788889609163